Inaudito, GUERRA DEI POVERI TRA GLI OSPEDALI DI LUCERA E SAN SEVERO

L'ingresso del Lastaria di Lucera
Siamo arrivati anche a fare la classica guerra tra poveri. E non lo dice uno qualsiasi. Lo dice il potente consigliere regionale di San Severo Francesco  (Cecchino) Damone, il quale conosce meglio di tanti altri la realtà della malandata sanità territoriale e, in particolare, la condizione in cui sono costretti ad operare i nostri ospedali. Damone sostiene che il “suo” ospedale è in alcuni reparti al collasso, dove manca di tutto, dai medici agli infermieri e al personale ausiliare e dove si trovano addirittura attrezzature di ultima generazione accantonate per mancanza di utilizzo e per penuria di tecnici che sappiano adoperarle.  E per riempire in qualche maniera i vuoti sollecita il trasferimento delle forze che operano a Lucera, così da rendere una possibile assistenza organica e qualificata. Ovviamente, non si rende conto che con questa richiesta mette ancor più in difficoltà l’ospedale lucerino, che, a sua volta, reclama assenze importanti per il prosieguo della sua attività, come la mancanza di anestesisti, senza dei quali non è possibile neppure fare una cataratta. In verità, la logica dovrebbe esprimersi al contrario: sarebbe dovere della casa madre di San Severo (Lucera è ormai un plesso, una filiale proprio dell’ospedale di San Severo) a trasmettere sangue alla figliuola in difficoltà e non il contrario! 
Secondo Damone - che legittimamente fa il tifo per il “suo” ospedale - la madre dovrebbe mangiarsi la figlia!  Il preambolo serve a comprendere  dove ci ha portato la revisione della geografia ospedaliera, che, annunciata in pompa magna, si sta rivelando un vero fallimento. Infatti, anche altrove le cose non vanno bene. Proteste giungono anche da Foggia, che pure dovrebbe essere il cuore, il motore  della sanità ospedaliera in Capitanata. Pure Manfredonia si fa spesso sentire attraverso gli organi di informazione, lamentando situazioni che sono sovrapponibili rispetto a quelle degli altri nosocomi. Pure Cerignola ha qualcosa dire in tema di inefficienze del suo nosocomio.  Non parliamo dei centri dove addirittura gli ospedali sono stati chiusi, lasciando le popolazioni in braghe di tela.  Quale è  la considerazione di fondo che si può fare rispetto ad una tematica di carattere generale? Che i sapientoni della sanità regionale programmano al rovescio. Nel senso che prima sopprimono o ridimensionano e solo successivamente  promettono, ripetiamo promettono, di mettere in campo le misure compensative, rispondenti alle effettive esigenze delle popolazioni amministrate, che – va ripetuto sino alla noia – già complessivamente versano in condizioni sociali precarie, molto precarie. Questi signori si mettono a tavolino e con un tratto di penna fanno e disfanno, come se la sanità fosse un compito in classe di Ragioneria. 
 I sapientoni – e l’assessore regionale Elena Gentile – ci parlano sempre di progetti faraonici, ma affidando il tutto alle chiacchiere, perché di concreto fanno ben poco.  La controprova? Provate a frequentare gli ambienti ospedalieri in questo momento. Si lamentano tutti e in particolare i medici, i quali talvolta sono burberi,inavvicinabili, altezzosi, scorbutici, però hanno l’attenuante di lavorare in una situazione di estremo stress, con la conseguenza logica di abbassare il livello di qualità dell’assistenza. Se pensiamo che mancano decine di primari nei nostri ospedali si capisce come non si può immaginare una programmazione ordinariamente qualificante  nei nostri plessi ospedalieri.  Insomma, una sanità cocciuta, sorda, fallimentare, che solo da Bari  possono vedere alla grande. I fatti sono fatti e i fatti ci dicono che la assistenza ospedaliera e sanitaria in generale è in default. 
a.d.m.

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