L’angolo di Antonio Di Muro, UN PO’ DI LUCE IN FONDO AL BUIO TUNNEL DEL SUD

Loro ( i settentrionali) valutano i dati quasi con nonchalance, noi ( i meridionali) proviamo quasi vergogna a metterceli sul petto come lustrini. Di che stiamo parlando? Dell’atteggiamento tenuto dinanzi ai recenti positivi risultati dell’economia meridionale e pugliese in particolare, che non è tutta da buttare, come si vorrebbe far credere dalla parte dei nostri eterni antagonisti dell’Alta Italia. Queste rilevazioni di Bankitalia e Istat ci dicono che quando noi, scrocconi e lavativi del Sud, ci mettiamo a lavorare di puzzo buono siamo capaci di conseguire in economia traguardi da battistrada. Nonostante l’emarginazione di fatto e ormai conclamata in cui siamo costretti ad operare, una emarginazione che pure fa suonare diversi campanelli di allarme sociale, con al centro una disoccupazione  che rade al suolo ogni  trincea del risparmio e crea ogni giorno nuove insospettabili fasce di poveri. Andiamo al dunque, I più significativi indicatori provengono dal mondo bancario territoriale, che anziché vendersi al migliore offerente (grossi gruppi del Nord) stanno ampliando la sua rete di presenza, anche oltre regione, a dimostrazione che si può far credito correttamente e capillarmente con l’utilizzo delle sole proprie risorse e con una visione strategica di sostegno alla rete più dinamica della nostra industria e a quelle attività cosiddette minori che, comunque, costituiscono ancora la spina dorsale della economia del Meridione. E addirittura andare a sostenere la produzione in alcune zone settentrionali, in modo tale da determinare una osmosi  di quelle risorse che fanno sistema. 
Più osservatori ritengono che diversi sono i modelli industriali del Sud che stanno reggendo dinanzi ad una crisi di portata globalizzata e che in alcune regioni sono ormai considerate delle eccellenze, anche per la loro programmazione che spinge il loro sguardo oltre il mercato nazionale, su quelli particolarmente dinamici e competitivi. E tra le regioni virtuoso c’è anche la Puglia, che presenta ancora una ossatura industriale di tutto riguardo, nonostante le vicissitudini che ha subito il settore. Naturalmente queste considerazioni non vogliono dire che tutto va bene e che l’esistente è bastevole dinanzi  al processo recessivo dell’economia meridionale. Come è confermato anche dai recenti dati che confermano il processo di scivolamento delle posizioni della occupazione.  Cifre che, tanto per non cambiare,  segnalano un tasso di disoccupazione al Sud doppio rispetto a quello del Nord.  Le considerazioni di apertura ci fanno comprendere che sarebbe possibile una riduzione del distacco che ci separa dal Nord, qualora il Governo centrale la smettesse di considerazione il Sud una semplice dèpendance del Settentione.  Con tutto quello che segue a livello di distribuzione delle risorse disponibili che al Nord servono per fare infrastrutture, anzi grandi infrastrutture, mentre da noi possono servire a finanziare le feste patronali o i giochi di piazza. Se la questione meridionale, come scriveva Salvemini, non viene affrontata  globalmente,  si potrebbe dire con pari dignità,  la distanze non solo aumenteranno, ma saranno destinate a diventare abissali, incolmabili, trascinando a valle anche tutto il residuo patrimonio di eccellenza di cui disponiamo e che consente in qualche maniera di non far affondare definitivamente la baracca. 

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