L’angolo di Antonio Di Muro, I GIOVANI DEL SUD PRODUCONO PIU’ RICHEZZA DI QUELLI DEL NORD

E’ tempo di mandare in soffitta le tante dicerie in circolazione secondo cui i giovani meridionali sarebbero dei fannulloni o, perlomeno, meno produttivi rispetto a quelli del Nord. I dati, diffusi da “Unioncamere” nel corso di un convegno, lo confermano in maniera inequivocabile, come si dice carte alla mano. Eccole. Nel Sud il 18% del valore aggiunto regionale risulta generato dall’occupazione under 35 ( se “indipendente”), o under 30 (se “dipendente”), in linea col dato nazionale, che è pari al 17,2%, ma superiore ai dati delle due ripartizioni settentrionali ( 17,3% al Nord-Ovest, 17,2% al Nord-Est) e del Centro (16%). Una soddisfazione per noi pugliesi: la Puglia è in testa alla classifica in termini di valore aggiunto prodotto dai giovani sul totale regionale (21,3%), mentre l’incidenza sul totale nazionale è del 5,6%. Significativo anche il contributo delle donne all’evoluzione del tessuto produttivo, che incide soprattutto nella realtà di Taranto (27%) e Foggia (26,9%), ultima è Bari (22,4%). Alla fine il lavoro di sensibilizzazione a favore della presenza femminile sta dando qualche un buon risultato. Naturalmente questi dati non eliminano il problema di fondo della disoccupazione giovanile al Sud, posto che tutti i parametri negativi non danno alcun segno di miglioramento, se non inquadrati in una ipotetica quanto problematica ripresa dell’economia, che sposta i suoi paletti in continuazione. I dati, però, ci dicono che quando i nostri giovani entrano nel processo produttivo i risultati sono sempre eccellenti. C’è ancora da dire che le statistiche non rilevano il contributo dei tanti meridionali che lavorano al Nord, i quali si dimostrano punti qualificanti laddove prestano la propria opera. E non solo per una questione di qualità, nel senso che a beneficiare sono i dati positivi della produzione. Il loro impegno è spesso indicato quale contributo di idee, di fantasia, di senso dell’organizzazione, al punto che spesso nei cosiddetti posti di comando non raramente troviamo elementi del Sud. I quali si distinguono anche per un modo inusuale di tenere i rapporti in azienda, che si sviluppano all’insegna della cosiddetta umanizzazione del lavoro. E questo conferma anche alcuni risultati forniti dalla scuola italiana recentemente (e che hanno procurato tante polemiche e dibattiti), secondo cui le scuole meridionali, contrariamente a quanto comunemente si pensa, mettono sul mercato del lavoro elementi di eccellenza in termini di preparazione e di abnegazione. E’ in questo quadro che ai nostri giovani bisogna dare la possibilità di spendersi come sanno sul piano lavorativo, possibilmente nella terra di origine, che lasciano con grande rammarico una volta che loro speranza va ad infrangersi contro il muro di una disoccupazione a tinte fosche, senza futuro. E quello che purtroppo non avviene, perché si ritiene che le ripartenze debbano necessariamente avvenire partendo dal Nord, con la motivazione che solo una macchina produttiva già operante può assicurare effetti positivi a cascata a beneficio del Sud. Tesi contestabile, perché si potrebbe obiettare che agendo dal basso si può dare ossigeno anche a quei comparti del Nord in difficoltà. Comunque, quello che interessa è che queste cifre pro giovani offrano offrire l’occasione per una inversione di rotta nell’impianto dell’economia nazionale.

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